Redditometro: cosa ci aspetta dopo la sospensione?

a cura di Antonio Zappi

Il D.M. 7 maggio 2024 è stato sospeso per "ulteriori approfondimenti" con atto di indirizzo del MEF del 23 maggio. Del nuovo “redditometro”, quindi, se ne riparlerà (forse) un po' più in là e dovremo ancora attendere l'attuazione definitiva della riforma fiscale per rivedere nel sistema dell’accertamento quel controllo sulla base del quale se il reddito dichiarato si discosta, anche per un solo periodo d’imposta, rispetto a quello accertato, quel contribuente dovrà fornire qualche giustificazione su tali comportamenti di spesa. 

 

Quale scenario si profila per i prossimi mesi?

In realtà, a ben vedere, è solo la componente redditometrica dell’accertamento sintetico a risultare temporaneamente paralizzata per un approfondimento politico ma, anche a voler ammettere che possa bastare un atto di indirizzo a neutralizzare gli effetti giuridici di un D.M. già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, alla luce di un simile quadro politico ovviamente l’Agenzia delle Entrate non avvierà di certo iniziative istruttorie di accertamento in materia, almeno ai sensi del comma 5 dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973.

Tuttavia, ai sensi del precedente comma 4 dello stesso art. 38, l’Agenzia potrebbe comunque “determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta”. Quindi, ad esempio, investimenti immobiliari, ma anche sottoscrizione di aumenti di capitale sociale, acquisto di autovetture, natanti e così via, se risultassero di entità incompatibile con il reddito dichiarato potrebbero essere sinteticamente accertabili, in quanto spese effettive.

In altri termini, non appena con uno dei prossimi decreti legislativi attuativi della delega fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111) fosse modificato il contenuto normativo del comma 5 dell’art. 38, D.P.R. n. 600/1973, il redditometro sarà rigenerato con una versione che conterrà anche una imputazione di matrice statistica di alcune spese rilevanti per far nascere un modello induttivo meglio capace di coniugare teoria e realtà quotidiana, ma un accertamento sintetico, innescato dalle spese effettive sostenute dal contribuente, è già possibile.

Dal punto di vista storico, lo spettro della parola "redditometro" origina fin dal cd. "modello lunare" (il modello 740/94 - Redditi 1993 -, che fu addirittura un tema del discorso di fine anno dell’allora Presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro, n.d.r.), ricco di indici ministeriali derivanti dal D.M. 10 settembre 1992.

Esso imputava spese del tutto svincolate dalla realtà e il mero possesso di auto, di un cavallo o la detenzione di un immobile di metratura neanche troppo elevata attribuiva spesso un reddito assolutamente inconferente con la realtà, mentre il pagamento delle rate di mutuo ipotecario per l’abitazione principale trasformava spesso in evasori e nababbi per il Fisco anche contribuenti sostanzialmente fedeli.

Quando quel tipo di redditometro entrava in funzione e imputava reddito asseritamente non dichiarato, il contribuente soggiaceva a una presunzione legale relativa e, o dimostrava di avere fonti di reddito coerenti con quanto presunto da quel meccanismo infernale, o soccombeva di fronte a granitica e consolidata nel tempo giurisprudenza di legittimità.

Si tentò allora di riparare a questa vera e propria gogna fiscale con il D.L. n. 78/2010, con il quale venne introdotto un "doppio contraddittorio" a tutela del contribuente e venne poi emanato il D.M. 24 dicembre 2012, aggiornato dal D.M. 16 settembre 2015, con una versione del "nuovo" redditometro assai più ragionevole.

Mentre, però, ci si stava avvicinando a un sistema di accertamento che consentisse davvero di stanare l'evasione fiscale sulla base di comportamenti di spesa effettivi, più che calcolati su basi induttive, arrivò il D.L. n. 87/2018, che ha paralizzato fino ai giorni nostri l'utilizzo dell’odierno redditometro da parte degli Uffici.

Il decreto del 7 maggio 2024 puntava allora a reintrodurlo con la novità di un riferimento induttivo a minime “soglie di sussistenza” e a standard di vita minimi per alimentari, abbigliamento e calzature. Ma se ne parlerà (forse) solo un po' più in là.