Il concordato preventivo diventa pace fiscale dal 2018 al 2022?

A cura di Antonio Zappi

Dopo gli interventi operati dal decreto Correttivo (Dlgs 108/2024) e dalla circolare 18/E/2024, la novità contenuta in un emendamento della maggioranza al decreto Omnibus prevede l’avvio di un ravvedimento speciale in caso di adesione al concordato preventivo biennale.

In altri termini, l’appeal del concordato preventivo potrebbe mutare ed il patto tra Fisco e partite IVA rischierà di trasformarsi in un condono vero e proprio.

La misura riguarderebbe gli anni dal 2018 al 2022 (e non il 2023 come previsto in una prima versione dell’emendamento), consentendo di fatto di far emergere redditi non dichiarati sui quali versare un’imposta ridotta e agevolata.

Nello specifico, la pace fiscale consentirebbe di sanare le omissioni dichiarative versando una flat tax dal 10 al 15 per cento, con benefici calcolati sulla base del punteggio ISA.

Stravolti, quindi, tutti i calcoli di convenienza formalizzati dopo i correttivi ufficializzati nel periodo estivo solo con la flat tax sui maggiori redditi concordati, perché le ulteriori modifiche rimescolano le carte, non tanto in merito al futuro, quando alle possibilità di sanare irregolarità pregresse concordando il reddito futuro.

Sui redditi aggiuntivi dichiarati, in caso di adesione al concordato preventivo biennale entro il 31 ottobre, verrebbe quindi consentito di versare una tassa piatta parametrata sulla base del punteggio ISA, con un meccanismo che dovrebbe essere lo stesso già previsto in relazione al reddito incrementale concordato:

  •   3%        Contribuenti in regime forfettario startup
  • 10%      Contribuenti in regime forfettario e ISA con punteggio superiore a 8
  • 12%      Contribuenti ISA con punteggio compreso tra 6 e 8
  • 15%      Contribuenti ISA con punteggio inferiore a 6

 In particolare, sul fronte dell’imposta sostitutiva dovuta per regolarizzare le omissioni dichiarative, l’applicazione viene prevista non su tutto il reddito emerso ma sulla differenza tra il reddito già dichiarato in ciascuna annualità e l’incremento dello stesso calcolato nella misura del:

  •   5 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari a 10;
  • 10 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore ad 8 e inferiore a 10;
  • 20 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 6 e inferiore a 8;
  • 30 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 4 e inferiore a 6;
  • 40 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 3 e inferiore a 4;
  • 50 per cento per i soggetti con punteggio ISA inferiore a 3.

 Il meccanismo premia le partite IVA più affidabili, sulla base del punteggio ISA, non solo sul fronte del valore della flat tax dovuta ma anche sulla parte di reddito tassabile, mentre per l’adesione al ravvedimento è previsto un minimo di 1.000 euro da pagare, ai fini della regolarizzazione dei redditi evasi. con rateizzazione possibile con un massimo di 24 quote.

Ma vi è di più. Oltre alle regole previste per il 2018-2023, ancor più vantaggiose saranno quelle previste per gli anni dell’emergenza Covid.

Infatti, in caso di dichiarazione di redditi omessi relativi all’annualità 2020 e 2021, l’imposta sostitutiva dovuta verrebbe ridotta ulteriormente del 30 per cento.

 Parallelamente all’introduzione della novità arriva anche una proroga dei termini di decadenza per l’accertamento: per quelli in scadenza dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2026, viene prevista la proroga di un anno e quindi fino al 31 dicembre 2027.

 Quanto detto, ovviamente, dovrà essere confermato con l’avvio dell’esame degli emendamenti al decreto Omnibus.

 E’ già certo, invece, come ad aver dato una svolta significativa in termini di convenienza sia stato il Dlgs 108/2024, il quale ha introdotto un regime opzionale sostitutivo sul maggior reddito concordato rispetto a quello del 2023 (aliquote del 10, 12 e 15% a seconda della valutazione Isa), ancorché limitato alle imposte sui redditi e relative addizionali (non all’Irap) e, successivamente, è stata la citata circolare 18/E/2024, più che la norma, ad aver  ulteriormente allargato l’interesse al perfezionamento del concordato.

 Come noto, infatti, tra i rischi peggiori in termini di decadenza dai benefici concordatari risultava la possibilità che nei periodi d’imposta del concordato e in quello precedente venga accertata «l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate per un importo superiore al 30 per cento dei ricavi dichiarati».

Poiché tale disposto normativo appariva riferirsi anche agli accertamenti analitici-induttivi (articolo 39, primo comma, lettera d, secondo periodo, del Dpr 600/1973), in molti avevano ritenuto che quest’ultime rettifiche avrebbero potuto far decadere i vantaggi dell’istituto, vale a dire, oltre alla non tassabilità degli eventuali maggiori risultati reddituali rispetto a quelli concordati e all’applicazione dell’imposta sostitutiva sui maggiori risultati rispetto al 2023 anche, per i soggetti Isa, la copertura accertativa per rettifiche analitiche ai fini delle imposte sui redditi, rettifiche analitiche-induttive sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’Iva e rettifiche induttive “pure” ai fini delle imposte sui redditi.

Nondimeno ed altrettanto non trascurabile va rammentato l’anticipo di un anno dei termini decadenziali, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’Iva.

 Secondo la richiamata circolare 18/E tutte queste opportunità potranno venire meno solo se gli uffici, in seguito ai controlli, saranno in grado di effettuare accertamenti analitici oppure induttivi “puri” ai fini delle imposte sui redditi, che portano a superare la soglia del 30% dei ricavi dichiarati, ma con esclusione degli accertamenti analitici-induttivi reddituali che, generalmente, sono quelli ordinariamente eseguiti nei confronti di contribuenti rientranti nella platea dei soggetti Isa.

Va, tuttavia, evidenziato che la non rilevanza degli analitici-induttivi non vale per il 2023, periodo per il quale va considerata la medesima causa di decadenza relativa alle componenti accertate maggiori del 30% dei ricavi dichiarati.

Da ultimo, per il 2023 va ricordata anche la copertura relativa a eventuali indicazioni di dati Isa inesatti fino al 30% del reddito concordato e, sempre sul 2023 (così come sul 2022 e 2021), se fossero state commesse violazioni rilevanti in ambito penale, scatteranno specifiche cause di esclusione e di decadenza dal concordato.